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FRUMENTO
Cereale, detto anche grano, prodotto da
alcune specie della famiglia delle graminacee, genere Triticum,
tutte derivate dal farro piccolo (Triticum monococcum), dalle quali
si ottiene la farina più adatta per la panificazione.
LA PREISTORIA E L'ANTICHITÁ. La coltivazione del frumento
fu praticata, secondo l'opinione prevalente, nel Mesolitico ed ebbe come
centri di evoluzione i territori dell'Asia sudoccidentale e dell'Africa
orientale. Le regioni mediterranee sembrano tuttavia avere avuto un ruolo
determinante nella differenziazione delle specie, in particolare di grano
duro. Il frumento entrò nella dieta umana più tardi di altri
cereali e probabilmente fu consumato all'inizio
crudo, non ancora maturo e quindi morbido, di consistenza quasi lattiginosa.
Più tardi i chicchi (cariossidi) quasi maturi furono conservati
in buche scavate nel terreno dopo essere stati abbrustoliti sulla fiamma
viva tostati in appositi recipienti; lo sfarinamento era attività
femminile e avveniva dapprima mediante la frizione tra due pietre piatte,
poi con l'uso di rudimentali mortai a rullo o a pestello del tipo tuttora
usato da alcuni popoli dell'Africa. Le prime macine vere e proprie, dotate
di primitivi palmenti mossi da schiavi o da animali, comparvero nell'Egitto
della XX dinastia, attorno all'XI secolo a.C., quando erano già
entrati nell'uso l'aratro a chiodo di legno per agevolare la semina, il
setaccio per la cernita della farina e il forno per la cottura del pane.
Il grano fu collegato, in molte religioni antiche, ai temi della fertilità
e della fecondità e associato a specifiche figure divine: Baal
Tars e Attis nelle religioni mediorientali, Osiride in Egitto, Demetra
nell'antica Grecia, Cerere a Roma. Molti studiosi considerano miti di
fondazione del grano quello di Giasone e della conquista del vello
d'oro (il campo di grano maturo) e il racconto biblico di Giuseppe
che, dopo aver spiegato al faraone dell'Egitto il sogno delle vacche e
delle spighe, divenne suo ministro e accumulò il grano come la
rena del mare in tale abbondanza da doversi cessare di calcolarlo, perché
superava ogni misura. Il greco Esiodo (VIII-VII secolo a.C.) indicava
la spiga di frumento con il termine bios (vita) e scriveva che
la coltivazione della terra a grano è un vero e proprio culto che
il contadino deve rendere alle potenze divine. Come nella Palestina premosaica
la Festa degli azzimi, prima della sua associazione all'esodo dall'Egitto,
si celebrava al momento del raccolto, così in Grecia si festeggiava
la semina con le Pianepsie e con le Tesmoforie e a Roma si preparava la
mietitura con le feste Vestalia e Matralia. In molte civiltà inoltre
il frumento ebbe un rilievo, oltre che economico, esplicitamente politico
e sociale, costituendo fattore di commercio internazionale, di speculazione,
di contenzioso o di pressione politica. I greci, il cui terreno non era
adatto alle colture frumenticole, tentarono espansioni coloniali nelle
fertili terre del Ponto o importarono il grano necessario dall'Egitto.
Plutarco racconta che Cleomene III di Sparta, sconfitto a Sellasia dalla
Lega achea, si rifugiò in Egitto e, saputo che una carestia imperversava
in Grecia, riuscì a indurre il faraone a bloccare le esportazioni
di frumento, per colpire a morte i suoi nemici. Gli antichi abitatori
dell'Italia conoscevano i cereali (farro, orzo, miglio) ma non il frumento,
che fu forse introdotto dalla Magna Grecia all'inizio del V secolo a.C.
A Roma, nel periodo repubblicano, la questione sociale si inasprì
anche in seguito alle carestie che avevano svuotato i granai. Si ebbero
allora le prime leggi a tutela del mercato del frumento: gli edili avevano
il compito specifico di sovrintendere al mercato dei grani, di provvedere
al fabbisogno cerealicolo, di impedire la speculazione al rialzo e, se
necessario, di acquistare frumento per conto dello stato e di distribuirlo
gratuitamente o semigratuitamente, con finalità calmieristiche.
Cesare e Ottaviano utilizzarono le frumentazioni (distribuzioni
gratuite di grano) come strumenti di lotta politica. Durante l'impero
l'agricoltura in genere venne trascurata e Roma dovette ricorrere all'importazione
di cereali dalla Spagna e dall'Egitto.
DAL TARDO IMPERO ALL'ETÁ MODERNA. La situazione si aggravò
con le invasioni barbariche, quando la maggior parte dei contadini abbandonò
le campagne. Quantità minime di grano venivano prodotte nei terreni
dei castelli e dei conventi ed erano destinate a consumi molto selezionati,
mentre il popolo ritornava a panificare con cereali più scadenti
e persino con ghiande e altri succedanei. La ripresa economica dell'età
comunale investì anche l'agricoltura: i comuni impegnarono imponenti
mezzi finanziari per assicurarsi l'autonomia cerealicola; si diffusero
i mulini ad acqua e a vento, capaci di ottenere una farina più
fine e omogenea con la quale fu possibile produrre maggiore varietà
di pane e raffinare i procedimenti per la preparazione di paste alimentari
fresche e secche. Il fiorire di legislazioni protezionistiche, di statuti
corporativi, di gride e di sanzionamenti, caratteristico dei secoli successivi,
testimonia delle difficoltà di approvvigionamento attraversate
dall'Europa tra il XV e il XVIII secolo. Le normative miravano ad assicurare
approvvigionamenti regolari che erano garanzia di stabilità politica:
i cattivi raccolti, i rincari, il ripiego forzato su succedanei di scarso
valore nutritivo erano causa di disordini e rivolte delle classi meno
abbienti.
DOPO LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE. La situazione migliorò
con la rivoluzione industriale. Justus von Liebig (1803-1873) scoprì
i principi della concimazione artificiale, l'americano Cyrus McCornick
costruì la prima macchina mietitrice (1836), aprendo la strada
all'agricoltura estensiva. L'associazione di una locomotiva a vapore a
un aratro fornì il prototipo di aratura meccanizzata da cui, dopo
il 1880, derivarono le prime trattrici con motore a scoppio. Gli studi
di genetica di J.G. Mendel (1822-1884) consentirono di ottenere con selezioni
e incroci un notevolissimo miglioramento delle varietà di grano
esistenti. L'aumento della popolazione mondiale, più che raddoppiata
nel corso del Novecento, e il controllo di poche multinazionali sul mercato
del grano, hanno tuttavia reso insufficienti i pur ampi incrementi della
produzione cerealicola consentiti dalle moderne tecnologie.
R. Nistri

A. Luraschi, Il pane e la sua storia, L'arte bianca, Torino 1953;
M. Montanari, L'alimentazione contadina nell'Alto Medioevo, Liguori,
Napoli 1970. |
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